Coltivare la serenità è una delle più impellenti necessità dell’ uomo di tutti i tempi, oggi a maggior ragione a causa della crisi globale della società.
Come individuo e come gruppo l’ uomo fatica a porsi in una situazione equilibrata e si lascia sfuggire le ragioni per progredire verso la consapevolezza.
IL pieno accorgersi di noi stessi, non è situato in un irraggiungibile iperuranio di cui siamo ombre della platonica caverna, ma consiste nel conoscere il” qui ed ora”, l’ attimo in cui nell’ interiorità spazio e tempo coincidono, l’ unicum tra corporeità e spiritualità.
Il “qui ed ora” impone di FERMARSI allo STOP dove s’ incontrano Arte e Mente e si svelano l’ un l’altra in uno scambio empatico: fermarsi, respirare, sentire tutti gli elementi dell’ esistente, compenetrarli e farli pulsare nella nostra anima.
Come coltivare la serenità, fragile giunco esposto al vento della vita?
Forse possiamo iniziare così: SOFFERMIAMOCI ad esaminare pensosamente le nostre emozionì, tempeste, prigioni; incontriamo in questo spazio liberatorio la parola, la musica, l’ arte, il volo dello spirto; accettiamo di essere un corpo, un respiro, un breve ma significativo suono nell’ immensità del mistero che ci avvolge e che fa parte della vita; accettiamo di guardare all’ interno dell’ involucro che contiene i domini, i sogni, la speranza di un ritorno; scopriamo lo scopo del nostro vago e tremulo apparire sulla scena del mondo; sentiamo di non essere soli al mondo, ma parti dell’ universo strettamente congiunti alle cose e agli altri; poi continuiamo a camminare, consapevoli equilibristi sulla lineare fune che lega i tempi della nostra vita con nodi che dovremo superare senza il timore di doverli sciogliere.
La SERENITA’ è conseguenza di tutte queste accettazioni.
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