Archivio mensile:luglio 2014

POESIA

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3_oreste-solitario[1]  ( G. De Chirico, Il poeta )

Ti chiamo dalla mia scrivania,

dai fiori appassiti da tante stagioni

dal libro dei ricordi, dalla mia solitudine;

ti cerco, nella nostalgia del futuro,

nel foglio bianco

su cui incido il tuo nome,

nell’ idea viva dei desideri,

nella  bruciante fiamma

d’ amore ed odio,

nell’ estraneità del mio essere

pensante e vago

amante dei colori, della musica,

del silente suono della tua armonia.

Ancora ti invoco

nell’ incantesimo delle creature

che appaiono e scompaiono

tra le quinte del tempo

nel ritmico scandire delle ore.

E in te risiedo, culla del mio sentire,

sospesa nell’ incerto mistero della vita,

perché tocchi con dolce  nostalgia

il dolore che opprime l’ universo.

Mostrami la tua isola

perduta un tempo

tra caduchi sogni,

trattienimi nel luogo più segreto

dove i poeti attendono il tuo volto.

 

 

IL MIO CENTRO (raccogliersi, dissolversi, ritornare )

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ciclone-ian[1]

Raccolgo le mie cose

i miei sogni incompiuti

dispersi e abbandonati

sul campo della guerra

che mi oppone alla fine

al vuoto, al nulla.

Racchiudo le mie storie

al centro di me stessa

per leggerle in segreto

nel luogo in cui più forte

io provo il mio sentire.

Nel silenzio mi spoglio

delle idee costruite

subite e non decise,

degli abiti cuciti sulla pelle

da facili impostori,

delle maschere oscene

dipinte sul mio volto

per conformarmi al mondo

dell’ apparenza inutile.

E mi dissolvo nell’ unico dialogo

tra l’ ombra e la mia luce

dove anche la morte

sembra pacificata

al destino dell’ uomo.

Ho dovuto dissolvermi

per iniziare a  vivere :

la mia presenza integra

sussiste e viene in luce,

e continua la lotta

che ogni mio istante muta

in un ritorno.

Madre

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Madonna_del_Latte_Solario[1]  (Madonna del cuscino verde, Andrea Solario,1507)

Non ho parole di poeta

per la tua vecchiaia, madre,

per i tuoi occhi immobili

di acqua salata,

per la tua bocca vuota.

Ho gesti di tenerezza

per i tuoi pensieri assenti,

per la tremante sonorità

della tua voce,

per l’ ansia della tua vita.

Ho lacrime di figlia

per le tue labbra senza dolcezza,

per i ricordi ormai sbiaditi

per il tuo corpo accudito

da mani estranee.

La dolente tua immagine,

sorpresa dal destino

alla fine di un attimo immortale,

è un delfino piaggiato

sulla sabbia di ignoto lido.

Non ho parole di poeta

per te , madre,

ma una nenia d’ amore:

sei l’ uccellino dalle ali spezzate

che insieme accogliemmo

per la mia gioia,

ora che ti consumi

come la luce del giorno

quando il sole si nasconde

e, pallida come la luna,

mi guardi senza vedermi.

Talvolta un lampo appare

nella stretta fessura dei tuoi occhi,

un affranto stupore

per il nostro esistere perdendoci

l’ un l’ altra a poco a poco.

Ho parole di figlia per dire addio

alla tua vita consumata

ai pensieri bruciati dai troppi ricordi

appesi a pareti che non conosci.

Al tuo dolore madre, offro parole

di preghiera, perché possa svanire

la paura dell’ ombra sconosciuta…

che tu possa vedermi come un tempo

restituita a me nella memoria.

 

 

LUNA (poesia di Marisa Cossu ). ( S. DALI’, Idillio atomico e uranico melanconico,1945, olio su tela 65x 85)

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dali-il-sogno-si-avvicina[1]     

LUNA

Magica luna,

Selene dal viso bianco

e dagli occhi velati,

come candida sposa

vieni, pura e sensuale,

nella oscura magia

della perenne orbita

in cui costringi

la tua rotonda bellezza,

il divenire assorto

della tua forma stellare,

il tuo richiamo,

voce di sospirosi amanti,

pensieri assenti,

stupore di guardarti,

io luna di solitudine,

mentre l’ alba ti spegne.

Ti seguo,e in te si scioglie

il nodo che nascondo alla luce,

l’ ansia del giorno,

l’ affannosa ricerca dell’ amore,

la voglia di poesia che in te riposa.

 

Amore

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Bacio appassionato,Klimt

(Bacio appassionato, Klimt)

Ti ho amato

come si ama l’amore

cercando di non amarti

di sfuggire al tuo incanto

fingendo che tu mi amassi

contando le parole e i silenzi,

la pause del tuo esserci.

Ti ho amato

per i tuoi gesti suadenti

per la giovane forza

delle tue braccia,

per la tua immagine

impressa nel mio corpo

…e ti amo

perché non posso averti.

La poesia vive?

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f2_97[1]( Pablo Picasso, Il colore delle parole )

La poesia non è un esercizio grammaticale o un gioco linguistico: il suo potere risiede nella rottura delle regole della metrica, come dimostra l’esperienza e l’espressione poetica contemporanea. Le parole dei poeti hanno senso per il loro suono, per l’intenso simbolismo, per il valore profetico delle metafore create dalla mente sotto la spinta di un’abbagliante emozione.
La poesia è libertà comunicativa assoluta, è volo, respiro del sentimento, magica passione per la vita; vive nella memoria intimamente, si trasfonde nell’immaginazione che la sostiene e le fornisce le ali per il gran volo nella bellezza; abita nell’armonia nuda, spogliata dalla ridondanza, dalla falsità e dall’inutilità.

La poesia non può essere una costruzione dettata da logiche linguistiche per rispondere alle esigenze del verso, della rima o del tentativo di stupire ad ogni costo; ma soprattutto si sforza di evidenziare la sua essenza libera e densa di significato.

La poesia vive ancora nel cuore geloso dei poeti, nell’animo visionario di chi osserva il mondo con assorto distacco: il “miele” dell’armonia estetica viene alle sue labbra dalle mani della divina poiesis; la creazione è una riflessione pacata, dolente, irata, confusa a volte, ma pur sempre visione dell’uomo radicato nel mistero universale.

La poesia beve alle fresche acque del fluire di una storia sempre nuova le cui pagine contengono le tradizioni, l’immaginario collettivo delle società umane, l’evoluzione del linguaggio e incessantemente rinnova il suo canto di ardente nostalgia per ciò che scorre via e si perde per sempre. La poesia vive di luce azzurra, di tenebre di amore e morte; ma sempre vive e vivrà se ci sarà un poeta capace di darle voce.

IL VECCHIO AMORE

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prod_697-500x500[1]  (Albero della vita, Klimt )

Se anche il nostro amore,
vecchio, caldo, sicuro,
ammansito dal tempo,
così unico e inconoscibile,
recasse un giorno
con l’età che avanza
nell’anima e nel corpo
i segni del trascorrere dei giorni,
incauta ancora proverei quegli attimi
di complice emozione,
di parole non dette
comprese in uno sguardo
volato all’improvviso tra di noi.
Se il nostro vecchio amore
giovane rinascesse
dalle pieghe del tempo
e la memoria ti riportasse
a me come eravamo,
io ti riaccoglierei nel mio presente
e la voce narrante fuori scena
di nuovo canterebbe
la forza di un inizio
di una esclusiva eternità del sogno.
E se io non potessi più salvare
il nostro vecchio amore
dal soffio della vita che finisce,
con parole di tenera bellezza,
ancora ti amerei oltre ogni limite
e prenderei con me tutto il passato.

QUANTE DONNE…

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Picasso[1] ( Picasso, Periodo blu)

QUANTE DONNE

Quante donne sono stata
nel teatro del tempo…
Ho recitato bene la mia parte,
mille ruoli d’ amore,
altri di solitudine e tristezza.
Quale di quelle donne
in me è cresciuta,
crisalide del corpo e della mente,
quante donne la vita ha disegnato
sulla pagina bianca del mio sogno,
quali ali mi ha dato per seguire
i colori di cieli sconosciuti,
per la mia metamorfosi scolpita
nello spazio segnato dal rimpianto.
A quelle donne penso con nostalgia
e mi dolgo di perderle,
comparse sulla scena dei ricordi,
protagoniste splendide, illusioni
e parti di me stessa.
E quale, tra quelle ormai sbiadite,
rifiutate, inespresse o dolci e forti,
sceglierò di essere;
quale ruolo vivrò
ora che ammetto
la stanchezza dei sogni,
la durezza del vivere mutando
senza poter volare,
solo chiudendo gli occhi
sulla fragilità dei miei pensieri.

L’ orologio di Dalì

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orologio[1]

L’ orologio del pittore

batte ore distorte,

archi di un giorno

che rallenta i passi e poi riprende,

con curvilinea forza,

la discesa.

Anche i ricordi seguono le anse

dei confini del tempo

e segnano i minuti  del respiro.

Il cuore, fragile orologio,

canta la sua deformità,

l’ esserci e il non restare,

battere e non sentire,

correre senza muoversi.

L’ ondivago padrone della mente

scandisce ogni momento

dell’ anima in cammino

nel cielo ch’ è misura delle cose.

Posso sognare un tempo

modellato con le mie mani,

immagine di come lo vorrei,

libero, eterno, umanizzato,

morbido e pieghevole

agli affanni e al dolore.

Mi consola un’ idea

duttile, empatica

della veloce corsa della vita.

Amo le ore

dell’ infinita topologia

in cui l’ inconoscibile si flette,

mutevole e gentile, all’ esistente.

Su quella linea vivo

ondeggiante ed incerto equilibrista.