…poi la sera si usciva per stradine
ad inseguire fosforescenti lucciole
tra cespugli di mirto,
a guardare le vicine stelle
a toccarle con le dita tese
verso il cielo violaceo
che portava la luna
ed uccelli notturni
tra le rocce bianche.
E si andava cantando,
saltellando ciascuno per suo conto,
solo e libero
inciampando in un sasso
e rimirando le lontane luci
riflesse sulla costa.
Mia madre ci chiamava dalla casa
con tutte le finestre illuminate
e mio padre ci veniva dietro
con passo svelto ,
danzante e canterino.
Ci fermavamo a tratti
per sentirlo arrivare
nascosti tra i cespugli profumati;
si tratteneva il fiato
per sorprenderlo
finché la sua figura compariva
più scura della notte
in un gioco di ebbrezza e di paura.
Noi rubavamo ancora qualche attimo
alle lucciole, al cielo dell’ infanzia
a quella vita bella ed immortale
impressa nel mio animo per sempre.
© Marisa Cossu
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