Dalla torretta alta sulla Mora
l’ antica casa apre occhi di pietra
sulle verdi colline,
sulle risaie dove scorreva e scorre
il canale con voce melodiosa di cascata;
s’ inoltra tra vigneti lineari
tra filari ordinati di uva rossa
e sgorga presso il lago
al limite del bosco.
Gli occhi sono finestre,
archi perfetti di cattedrali vuote;
nelle vaste stanze e per le scale
ancora si nascondono per gioco
le ombre delle vite già vissute;
ma ogni cosa si è posta nel suo spazio
immutabile e ombroso,
dove poggia le membra consunte
e polverose, l’ implacabile tempo.
La casa vive del suo passato
e nel presente custodisce i ricordi …
“…la fulgida magnolia ricoprì di fiori bianchi
i neri capelli della sposa,
e bianco era lo sposo
nella bella divisa di Marina, la fascia blu,
i biondi capelli riccioluti;
intorno fiorirono cespugli di bacche rosse,
si aprirono gli ibiscus come fuochi,
sbocciarono le ortensie azzurre e rosa;
il vento si fermò per non sciupare
i petali dei fiori appena nati;
rinverdì l’ erba tenera
e un vecchio abete affacciò
i suoi rami presso il muro
a guardare ammirato;
Il Monte Rosa innevato
vegliava da lontano
con bagliori di stella;
all’ interno, l’ intimo susseguirsi delle ore,
il rumore dei passi,
l’ odore della festa
l’ armonia degli affetti,
l’ amore ancora vivo…”
Anche da qui è passata
l’ indicibile morte a toccare ogni cosa
a chiudere il dolore tra le mura,
a spegnere la luce, i bei colori,
il rosso del triciclo tra i gerani,
a fermare nell’ aria l’ altalena
per renderla, ormai inutile, invisibile.
La casa preserva la memoria :
in rassegnata attesa, conta e riconta
ore scandite dal ciclo della luce
e attende che qualcuno
la risvegli dall’ ordine dolente
in cui riposa, sopravvissuta al buio.
La guardiana di pietra si domanda
perché intorno la vita ancora scorra
replicando se stessa
e si commuove al canto della Mora
che passa e mai si ferma,
metafora dell’ eterno mistero
del conflitto tra la morte e la vita
tra l’ essere e il non essere…
Qui riposa tanta parte dei sogni,
trasformati e non tolti
© Marisa Cossu
come ci invita a credere la fede.
…come ci invita a credere la fede
frase composta da due parole: credere e fede
dal significato non ben precisato
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Il dolore ci offre rifugio nella speranza che non ci sia un definitivo epilogo nel flusso della vita e, per molti di noi, questa speranza può chiamarsi Fede. Nulla ci viene tolto per sempre, ma trasformato in un “altro”mistero . Grazie e un caro saluto. Marisa
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Incantevole, bravissima!!!
Ciao, buona giornata. Patrizia
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Grazie, Patrizia! Anche questa volta ho narrato in versi una storia vera. Un caro abbraccio. Marisa
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il rifugio è un rifugio;
non c’é epilogo nel flusso della vita nello scioglimento e nella ricomposizione dell’essere nel tutto.
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…ma il senso della nemesi pervade tutta la nostra esperienza. Mi piace discutere con te! Marisa
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Non credo di avere risposte a domande e dubbi che mi agitano dall’ età della ragione, la poesia mi porta a pensare in modo affettivo e le emozioni, sia pure quelle dei ricordi, hanno un notevole peso anche in una mente razionale. Ancora un caro saluto. Marisa
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Meraviglioso percorrere questo lungo narrare. Si avrebbe voglia che non terminasse mai. Se non ti dispiace vorrei lasciarti un mio link. Spero tu lo gradisca. Isabella
http//isabellascotti.wordpress.com/2014/02/20/la-casa-e-il-giardino/
Un abbraccio. Isabella
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Grazie, Isabella! A volte anche una narrazione può diventare poesia. Ti abbraccio e grazie per il link. Marisa
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Cara Isabella ti ho subito fatto visita… ma che belle queste case della memoria! Un saluto. Marisa
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Trovo grande sensibilità e suggestive emozioni nel tuo componimento. Pina.
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Grazie Pina. Un abbraccio. Marisa
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Buona serata.
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leggo solo oggi questa meravigliosa lirica che ha destato in me profondi sentimenti contrastanti: il non voler accettare i dolori della vita ed insieme la felicità per ciò che di bello ci ha donato.Ammiro la tua capacità di provocare tutte queste emozioni complimenti
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Grazie Patrizia e un caro abbraccio: Marisa
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