Ci sorprende talvolta un male oscuro,
la paura di vivere morendo
in una solitudine voluta,
impotenti e reclusi prigionieri,
sconosciuti a noi stessi,invisibili agli altri
che ci sfiorano in fretta indifferenti,
ciascuno nel suo guscio di presenza
nel banale recinto del suo Io.
Siamo ombre tra le quinte del tempo
trasparenti comparse, soffio donato
per un solo istante e svanito nel nulla.
Mi chiedo allora quale sia l’ appiglio
per l’ anima confusa e balbettante,
quali radici aggancino la frana
della nostra fuggevole presenza,
quale bellezza si mostrerà alla fine
con un volto di luce e di speranza
mentre arriva la sera e si distende
sulle ferite aperte dalla vita.
Eppure osiamo tendere ad un faro
acceso da una mano sconosciuta,
per aggrapparci al sogno del domani.
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