Le ceneri dell’io
non riposano in urne preziose,
i frammenti del tempo
non le racchiudono per sempre.
Si disperdono in avamposti marini,
nelle pietraie dei nuraghes,
nei sottosuoli delle città,
sono macerie stratificate
risorte in torri e tralicci;
riposano in profondi ipogei,
guardano da occhi di antiche pareti
da un affresco evanescente
dove un fuoco acceso da fuggitivi
ha lasciato un’impronta di fumo
sbiancato dalla luna nelle acque
di un pozzo senza fondo.
La polvere innalza spessore d’identità
e nuda si confonde alla terra,
da essa emerge materia costruttrice,
sensibile appoggio al divenire,
un quanto indecifrabile espulso
dalla barbarie di un libro bruciato,
sottratto all’apoteosi e poi dissolto
nell’infinita logica del tempo.
©Marisa Cossu
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.