
Frida Kahalo, Le due Frida 1936
Pane dorato, franto da una lama
di sole, ultimo raggio, è il volto tuo
dai solchi della trebbia
segnato ed appassito
mentre crescevo, esile spiga d’oro,
sotto il tuo sguardo mite;
ma il grano muta in pane,
in te si chiude di parola il suono;
negli occhi laghi di umido smeraldo,
dove i pensieri e la memoria persa
nei lembi della sera hanno dimora.
Il tuo viso di terra nutre ancora
la mia anima e il corpo:
impallidiscono i confini noti;
il vento soffia le morte stagioni,
scaglie impalpabili del tuo perderti
vanno lontano, lievi,
forse in un gioco d’ombra
dove ti seguo muta a poco a poco.
Ti sono madre nella triste pena,
fantasma d’espiazione,
e ti assecondo in questo strano vuoto.
Marisa Cossu
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