Archivio mensile:gennaio 2018

Carnevale

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Carnevale-di-Venezia[1]

Maschere

 

 

Navighiamo smisurati silenzi

in riflesse vie d’acqua

per lagune e navigli in vuote calli

mentre lontano impazza il Carnevale;

 Venezia giace, cupola sommersa,

nell’oro di un riverbero lunare

sotto un ponte di pietra.

Quanto lontana è l’eco del clamore

dal nostro entrare insieme nella notte

a sussurrare, soli e senza maschera,

una gioia segreta

 dove un gabbiano solo attende al nido!

Altrove vanno i ghiacciati teatranti

di liturgie fittizie, processioni

che incalzano il domani.

E noi, noi che faremo

alla fine dei suoni?

Nasconderemo il nostro mondo strano

dalla diversità, saremo in due

a contare il silenzio.

Marisa Cossu

Mistero

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matisse_viso_senza_volto[1]

Matisse, Viso senza volto

 

 

Si scioglie l’infinito nelle cose

lasciando segni e impronte dell’eterno

su inerti forme dal tempo corrose.

 

Germina un seme come pura essenza

e il resto giace sotto il nero verno

regolatore di nuova presenza.

 

Nel rinnovare ancora l’esistente

naviga in un non luogo anche il pensiero

per silenziose nubi in mezzo al niente

e l’utopia si annida nel mistero.

Marisa Cossu

CONOSCENZA

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17- The Stone

Barbara Missana, The stone

 

 

Di conoscenza l’uomo varca il regno

alla grande scoperta del sapere

e indaga nel mistero con l’ingegno

dove l’amore genera il volere.

 

Sol “chi ama conosce”, questo è il pegno

di chi si affanna per poter vedere

l’essenza delle cose e sfiora il segno

dell’infinito bene, nelle sfere

 

del ritmico ingranaggio cuore-mente

dove nascono idee, sensi e passioni

che non capiamo. E ci sentiamo persi,

 

soli e smarriti, dal vuoto sommersi

tra i poli opposti di forti emozioni,

ma nulla noi vediamo chiaramente.

Marisa Cossu

 

Lo spessore del vuoto

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Quadro Infinito V. Catalano

V. Catalano, Infinito

Riappare nel sogno l’antico splendore di un giorno

felice ormai spento, quel dolce sapore vissuto

di un bacio rubato nell’arco di un viale che reca

tra i pini rotondi, un garrulo coro di uccelli.

È il tempo di vita concessa agli ignari mortali;

ma subito fugge. Del bene vissuto non resta

che lieve profumo di rose lasciate a se stesse

nel vuoto spessore notturno di fragili cose,

riflesso di luna: l’amore così si consuma.

Marisa Cossu

Fitta la pioggia

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(“e piove in petto una dolcezza inquieta”)

SONETTO

Fitta la pioggia semina il suo canto

mentre tu, Dora, siedi sul divano

e le gocce ripetono quel pianto

confuse con i punti della mano

 

che corre lieve a disegnare un manto

di verdi sogni in un tempo lontano

e l’altalena dondola soltanto

perché il vento la spinge piano piano.

 

Altrove si è disciolto ciò che amavi,

-sotto altra pioggia  Morte non ha voce-

ma nulla la tua anima disseta

 

“e piove in petto una dolcezza inquieta”*,

per ogni goccia un viso ed una croce.

Mi torna in mente quando tu cantavi.

Marisa Cossu

  • Verso di Eugenio Montale

 

Non mi piacciono le faccine ( un saggio breve pubblicato sulla rivista “Euterpe” ) di Marisa Cossu

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“ Il cambiamento è l’unica cosa permanente,

l’incertezza è l’unica certezza”.

( Z. Bauman)

 

Considerazioni intorno alla cultura dell’era digitale

 

Non mi piacciono le “faccine”.

Meglio, non mi piace che se ne faccia un uso prevalente e indiscriminato nell’ambito della comunicazione ed espressione delle emozioni; forse è la mia anima psicopedagogica a mordermi dentro, quando osservo l’attuale stato delle cose nell’ambito dell’apprendimento e nell’esperienza digitale.

L’immagine banalizzata delle emozioni, cioè il pacchetto di espressioni grafiche semplificate, fruibile come categoria merceologica, sostituisce la ricerca dei segnali emotivi maturati all’interno della mente umana e limita la capacità di trovare gesti, linguaggi corporei, mimica, parole, appropriati e creativi con il necessario sforzo ideativo e congruenti al proprio modo di essere.

Le emozioni, il senso della bellezza, i sentimenti, originano dal rapporto cuore-cervello, dal complesso apparato neurobiologico che presiede alle attività cognitive: quando li troviamo già pronti all’uso, non si attivano le zone del cervello preposte, non vengono appresi come fatto cognitivo e relazionale; si riduce il processo emotivo, non si passa  per l’esperienza creativa, per il linguaggio, i linguaggi di contatto con il calore di chi ci emoziona (ad es. il volto della madre che parla e sorride al suo bambino, una carezza, uno sguardo corrucciato, una situazione di pericolo dettata da gesti concreti). La realtà delle emozioni è  indispensabile ad uno sviluppo equilibrato delle facoltà umane. Così come il processo di apprendimento della letto-scrittura è un percorso interdisciplinare tra varie capacità e competenze individuali, psichiche e sociali, anche l’educazione a coltivare i propri sentimenti ed inclinazioni positive, controllando sempre meglio quelle negative, deve essere attuata nell’utilizzazione delle “due culture” che si sono sviluppate nell’era tecnologica.

La cultura e la tecnologia influenzano le nostre vite molto di più di quanto mai avessero fatto prima: la “frequentazione culturale classica” (libri, giornali, cinema, teatro, spettacoli musicali, biblioteche, musei, siti archeologici) e quella moderna digitale, costituiscono il capitale umano di un Paese, generano e nutrono il sentimento di appartenenza, di inclusione sociale e di partecipazione cognitiva, politica, civica e interiore delle persone al proprio tempo. Nonostante le grandi opportunità offerte dai media, sappiamo che gran parte della popolazione vive una specie di emarginazione paragonabile all’analfabetismo del dopoguerra: gli anziani spesso non possiedono il pacchetto delle conoscenze di accesso alla comunicazione digitale e decodificano con difficoltà la pluralità di messaggi e codici provenienti dal web. Allo stesso tempo i bambini e i giovani rischiano l’overdose degli stimoli in tale campo, per lo più senza guida. E veniamo ancora alle “emoji”.

L’uomo si avvia a diventare muto in una realtà che banalizza ogni sensazione quasi che le emozioni debbano restare chiuse nella solitudine dell’individuo mentre fuori vagano nell’etere quelle prefabbricate da cogliere nell’attimo fuggente. Secondo il sociologo Zygmunt Bauman, la rivoluzione digitale contribuisce a rendere più fragili i legami affettivi. In “Amore liquido” sostiene che il networking  “promette una navigazione sicura (o quantomeno non letale) tra gli scogli della solitudine, tra un irreparabile distacco e un irrevocabile coinvolgimento”.

La tecnologia ha accelerato in modo sensibile le trasformazioni del vivere quotidiano: spesso il pubblico e il privato della persona non hanno in Internet una linea di confine ben marcata; questo fenomeno implica incertezza e dispersione tra i legami virtuali e una realtà che diventa via via obsoleta. Cresce il gap generazionale.

Alcuni passaggi indicano le peculiarità del mondo digitale, secondo P. La Daga:

-reperimento compulsivo di informazioni;

-passaggio dalla comunicazione orale a quella scritta;

-dalla carta al tablet;

-illusione della privacy;

– essere localizzabili.

Si vive in un mondo quanto mai affollato ma silenzioso, in solitudine, sotto un controllo non percepito ma che agisce costantemente; ci si sente liberi, ma in realtà anche i presupposti della democrazia sono messi in discussione.

La prossimità virtuale rende le connessioni umane più frequenti ma più superficiali, brevi seppure intense e suggestive; sembra, secondo Z. Bauman, che la prossimità virtuale induca alla “separazione tra comunicazione e relazione”. Assorbito dalla ”prossimità virtuale” l’uomo, e quindi anche il bambino che mi sta a cuore, dedica minore tempo all’acquisizione e all’ esercizio di doti che l’approccio reale richiede. Tali doti vengono così dimenticate perché è meno impegnativo frequentarsi su Internet che trovare il tempo per lo scambio reale.

Ma che cosa è reale nella società tecnologica? Come educare le giovani generazioni a fruire delle meraviglie della tecnologia senza cadere nello shopping dei sentimenti?

Oggi gli spazi alla moda e molto disponibili sono Facebook, Twitter, e le foto su Istangram, quello che per le generazioni precedenti era il cinema. Su Fb i giovani di tutte le età si “denudano” perché pensano che la rete sia vasta e irraggiungibile, si disperdono, sono privi di “privacy” come fossero invisibili. Uno studio condotto da Danah Boyd giunge a queste conclusioni: “i giovani devono socializzare usando Fb per mancanza di altri spazi di ritrovo con i coetanei”.

Il mondo dei loro genitori è superato, la solitudine è più forte, la pressione scolastica dell’informatica è sempre più marcata e i metodi d’insegnamento ne fanno un uso smodato, prevalente. La rivoluzione digitale ha subito un certo degrado al passaggio del millennio: il world wide web è stato inondato da tecnologie di pessimo livello per promuovere una libertà radicale delle macchine più che delle persone e se ne sente parlare come di “cultura open”: commenti anonimi sul blog, video vacui e dilettanteschi, tutto il trash minuto per minuto. Questa pratica diffusa di non comunicazione ha depauperato l’interazione tra le persone, ha agito come un grande occhio globale, superumano, riducendo al minimo le aspettative e le possibilità delle nuove generazioni.

Nel contempo sono spariti i vecchi mestieri ed è chiaro quanto la rivoluzione tecnologica abbia contribuito allo sfaldamento della società precedente. Non si possono tuttavia ignorare le grandi realizzazioni virtuali di musei, siti archeologici e mapps, dove il reale e l’immaginario si incontrano per dare vita a nuove possibilità di scambio e apprendimento” quali il MAV, museo archeologico virtuale di Ercolano.

Le categorie generazionali si collocano diversamente in questo nuovo scenario, perché il possesso delle nuove competenze digitali, è parametro essenziale d’inclusione in tutti i settori della vita socio-economica e politica. Nel 2006 il Parlamento e il Consiglio Europeo nelle loro “Raccomandazioni” hanno introdotto il concetto di “digital competence” fra le otto competenze essenziali per una “cittadinanza attiva”. Nell’era digitale si delinea un nuovo tipo di cittadinanza: la cittadinanza in senso formale e la cittadinanza in senso sostanziale, in base alla possibilità di accedere alle informazioni digitali, alla possibilità di apprenderne l’uso e alle capacità di discernimento di tali informazioni automatiche. La scarsa diffusione di Internet nel nostro e in altri paesi europei è dovuta alla carenza dei pre-requisiti descritti prima. Un ruolo primario deve essere assegnato alla scuola nel processo di acquisizione delle competenze digitali; ma la stessa deve saper dirigere tale processo verso il fine della formazione equilibrata della persona umana. Quindi “nulla questio” sullo sviluppo tecnologico, ma un monito a non perdere quanto di positivo anima il cambiamento della società perché esso dia pari opportunità ai cittadini, realizzandosi nell’ambito della democrazia. E le “faccine”? Per favore torniamo a riconoscere e a comunicare quelle che si manifestano dentro di noi in un contesto di apertura verso gli altri. Possibilmente reali.

 

 

 

 

Libri e siti consultati:

-Z. Bauman, Amore liquido, La Feltrinelli

-Sito http://blog.indigenidigitali.com/-

-Ribolzi, Processi formativi e strutture sociali, Ed. La Scuola

MARISA COSSU

A VOLTE

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Enrico Ganz, Sera d’inverno

A volte

 

A volte trovo pace in una zona

dove a me stessa parlo e, come nuda,

dal più profondo la parola suona

 

povera ed essenziale, spesso cruda,

nel dichiarare ciò che altrove è vano,

con la forza discreta di acqua pura.

 

È la voce che canta senza orpelli

la verità dell’essere, cercata

nel seno di quell’eco che, spogliata,

leggera sale e canta con gli uccelli.

Marisa Cossu