
Non riposano nelle urne preziose,
sono frammenti di tempo disciolti
in avamposti marini.
Si disperdono nell’eterno fluire
delle cose e restano
vive nelle pietraie dei nuraghes,
nei sottosuoli di sommerse città;
sono macerie già stratificate,
risorte in torri e tralicci ferrosi;
riposano in profondi e oscuri ipogei,
guardano da occhi di antiche pareti,
da affreschi evanescenti,
dove un fuoco acceso da fuggitivi
ha lasciato un’orma di fumo nero
sul muro levigato dalla storia.
E nuda la polvere
si confonde alla terra:
innalza uno spessore d’identità,
da essa emerge materia costruttrice,
sensibile base del divenire,
un quanto indecifrabile venuto
dalla barbarie di un libro bruciato,
espulso e poi dissolto
nell’infinita logica del tempo.
Marisa Cossu
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