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Perduto amore

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G. de Chirico, Pianto d’ amore

Nuvole vanno dal pensiero al vento

mentre mi stringe al petto il mio patire,

il fuoco che bruciava ora s’è spento

in un gran vuoto che non so capire.

 

Ansia mi prende e un grave peso sento,

intimo male duro da lenire,

quando cancella il vero sentimento

di questo amore che non può finire;

 

racchiudo versi in piccolo sonetto

a ripensare al nulla che mi assilla,

persa mi sento  in questa cupa assenza;

 

quasi vien meno il ben dell’intelletto

né trovo un fine per la mia presenza

ora che spenta è l’ultima scintilla.

Marisa Cossu

Il silenzio genera …

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Foto di Violeta Dajlji- Bukurie

 

 

 Il silenzio genera

l’invisibile vita delle cose

e qui nasce la danza

delle indurite forme

che nella vuota stanza,

escono dagli armadi e dalle teche

a respirare l’aria che lasciamo,

quando da casa usciamo

o mentre tutto dorme:

dai libri le parole,

dalla conchiglia l’alito del mare,

dall’orologio un battito di ciglia

e sul quadro cammina

sopra l’erba di un prato,

come se fosse vera, una bambina.

Magico vuoto pieno di parole

appena mormorate,

della mia assenza nutri un’altra vita.

Marisa Cossu

 

 

La mia ombra

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Glenn Arthur, Underwater-Study Digital Art

L’ombra che unita a me cammina,

fuori da me respira una sua vita,

un’altra come me, sempre vicina,

una forma di nebbia indefinita.

Quale sia tra le due vera presenza

nell’ora in cui la luce lascia l’orma

nessuno sa; forse una è l’assenza,

l’altra in materia pura si trasforma;

né saprò mai se nel suo cuore arda

la voglia di fermarsi presso un albero

a sognare la luce a notte tarda,

o se debba tornare sola e stanca

nel regno sotterraneo della notte;

quando scompare sento che mi manca.

© Marisa Cossu

Il poeta e la poesia

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Frank Dicksee, Romeo e Giulietta,1884

Frank Dicksee, Romeo and Juliet, 1884

” Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo !?

 Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome,

oppure, se non vuoi, giura che sei mio e smetterò io

d’essere una Capuleti “

( W. Shakespeare, Romeo e Giulietta)

Penso che, come Giulietta, la poesia esiga dal poeta il rinnegamento di sé per un amore esclusivo e totalizzante, l’unico capace di generare emozioni fondamentali e di ricondurre l’artista alla perduta essenzialità, alla sacralità poetica.

Anche al tempo di internet la poesia continua ad esprimere i valori della “città” perduta e con la sua forza evocativa si addentra nella sfera dei sentimenti e delle emozioni, conservando il necessario distacco.

Con un linguaggio sempre nuovo, quello  del suo tempo, il poeta parla ancora e sempre della bellezza, del dolore, della morte, dell’amore, testimone della realtà e della società in cui esprime e comunica la propria estraneità, l’assenza, il malessere di chi si pone domande  cui la parola non può dare risposta, mentre la crisi perdura e si aggroviglia in trame di frustrazione.

Il poeta deve guardare in se stesso per un necessario esame di coscienza, un ripensamento, teso a  restituire alla poesia il suo ruolo sociale e a  favorirne il ritorno da un volontario esilio; perché, se è vero che oggi circoli sui media un numero esponenziale di composizioni poetiche, è anche vero che, spesso, la qualità soffra l’abitudine alla velocità e alla superficialità proprie di un certo tipo di comunicazione.

E’ anche vero che il poeta non sia mai padrone della sua poesia che, una volta pubblicata, appartiene alla comunità dei lettori, come un canto davanti ad una finestra aperta raccolto dai passanti per le strade del mondo. Da questa espropriazione il poeta percepisce la vacuità della sua presenza e il dovere di guardarsi intorno alla scoperta delle piccole cose, delle semplici emozioni, dei segmenti di tempo che si ripetono nel libro della Natura e della vita.

Egli si libera allora dai pregiudizi e riscopre qualche bagliore di verità in ciò che lo circonda e nel rapporto con gli altri, vede che tutto ciò che cercava è nella sua visione interiore; scopre ciò che è davvero essenziale e guarda in viso la sua umanità in solitudine.

© Marisa Cossu

“Rifare l’uomo, questo il problema capitale. Per quelli che credono alla poesia come a un gioco letterario, che considerano ancora il poeta un estraneo alla vita, uno che sale di notte le scalette della sua torre per speculare il cosmo, diciamo che il tempo delle ” speculazioni” è finito. Rifare l’uomo, questo è l’impegno”.

(Salvatore Quasimodo)

Memoria persa

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Forse la vita terrà in serbo per me

l’ amaro tempo della memoria persa,

l’ assenza dei ricordi

che labili scompaiono nel vuoto

di una parete bianca;

brandelli, lampi di esistenza

trascorsa a inventarmi il futuro,

ad imparare ad apprendere parole,

il senso delle cose e dell’ amore;

quando a esistere sarà solo lo sforzo

di altri a nominare ciò che è mio ,

a dirmi che allo specchio è la mia ombra

disseccata dal tempo dell’ oro

in cui splendeva il sole e l’ armonia,

a scavare gli affetti che provavo

nella mia indifferente estraneità;

 quando  Il presente si svuota di memoria,

l’assenza riempie l’ arco delle ore

pallide nell’ attesa del nulla che verrà.

So che è così, perché mia madre

mi chiamava ” mamma” e m’ implorava

di condurla a casa da quel luogo

non suo, non più pensato.

Di notte

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Joan Mirò, Personnages et oiseau dans la nuit

Joan Mirò, Personnages et oiseau dans la nuit

Di notte, quando nessuno le vede,

le cose vivono un’ altra vita,

si nutrono della nostra assenza,

respirano la nostra aria,

escono da se stesse e vagano

per le stanze addormentate;

escono le parole dei poeti

dai fogli appena scritti,

dai fiori l’ idea di fiore,

dalla conchiglia sul tavolo

il rumore del mare,

dalle opache pareti

nuvole di pensieri;

rivivono gli abiti riposti

in armadi dimenticati.

Tu esci dal tuo libro

ma non vedi la danza

finalmente libera

dall’essere cosa;

non senti il respiro del vuoto

e non scruti il riflesso

della profonda vacuità

del tuo essere cosa.