Ho visto l’uomo travagliato e stanco,
alieno agli altri e forse anche a se stesso,
per una via di sassi e stretto al fianco
da un cilicio di colpa, sempre oppresso.
E quell’uomo ero io, quello il tormento
della mia corsa verso l’infinito,
da scontare vivendo in un momento
in cerca di me stesso e mai capito
da chi mi sfiora intorno, né dal cuore
di chi dice d’amarmi e non mi vede;
ed io continuo a vivere il furore
della follia che tregua non concede,
il desiderio di essere persona
e poi salire su un antico albero
dove voce divina più alta suona,
dove speranza mi conduca al vero.
Se abbraccio l’uomo, forse anche la pena
sarà spezzata come una catena.
Marisa Cossu
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