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CERTEZZE

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Incertezza

Certezze

 E non trovo certezze

nelle tracce dell’essere esistito,

né l’esistente dall’umano volto

giustifica il mistero

degli albori nascenti e della fine;

resiste un grande vuoto da colmare

con parole leggere,

senza peso sulle mie spalle d’ossa

e sull’ombra piantata nella terra

dove, impotente, il sogno

tenta il volo per l’infinita volta;

e  ripiega nel nulla,

vi ricade senza sapere mai

dove splenda sapienza

che illumini di vero la ragione.

Marisa Cossu

 

 

La corsa

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Picsart

 

Nutrito dall’orgoglio e dalla fede

abita l’uomo nella propria vita

rubando il tempo su per la salita

di un aspro monte dove non si avvede

 

dell’ombra scura che lenta procede

alle sue spalle: con le lunghe dita

a lui ghermisce il sole, poi sopita,

attende di rincorrere le prede

 

allorché stanche, illuse e affaticate,

ai lembi di un approdo di confine

cercano ancora l’isola promessa;

 

ma ormai la forza non è più la stessa,

tutto si volge al medesimo fine,

e le certezze appaiono infondate;

 

 altrove, reclinate

in un vano mistero sconosciuto,

dormono le ragioni del vissuto.

Marisa Cossu

Piove stasera

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Leonid Afremov, il pittore della pioggia. Impressionista contemporaneo.

 

 

Piove stasera ed urla per le strade, gelido il vento.

Una voce di pianto stride, da fragili fessure

di comignoli e vetri al rompersi di legni soffiati

 in vortici di pioggia. Schiuma nei rivoli abbagliati

da un barlume di cielo, l’acqua in teorie saponose;

penetra zolle avide dove, tra ghiacciate radici,

reca linfa vischiosa che nutre l’erba e la risveglia.

Sui muri delle case l’oscurità disegna forme

di immaginarie storie; ma del vissuto sfoga il pianto

il coro senza fine di vite sospinte all’angolo

dal vento: neri grumi dormienti in terre aride e vuote,

nell’attesa che taccia il pianto, si plachi la tempesta.

Marisa Cossu

 

 

 

Rimorso

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Chagall Marc (2)

M. Chagall, Bacio

Rimorso

A volte s’alza un’ombra nella stanza,

la sensazione che ancora tu mi chieda,

con voce spenta e tremula, la fine

 del tempo che implacabile ti avanza

 ed io, impaurita, provo la mancanza

 di  emozioni più nette, sono preda

del sentimento vuoto del confine

che del mio agire frena la speranza.

 Ora mi brucia in petto quel rimorso

di aver permesso che soffrissi tanto,

dell’impotenza a vincere il dolore.

 Coi gesti mi chiedevi quel soccorso

che avrei voluto offrirti per incanto:

mi tratteneva Dio nostro Signore.

Marisa Cossu

 

Alla fine

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Alla fine cerco di arrivare

senza maledire questo tempo privo di luce,

la manciata d’ombra gettata nel nulla per confondermi

e vivo nell’attesa della notte che viene furtiva

dalle remote profondità con un carico

di pesanti condizioni, con i se e con i forse

delle ore che restano ibridate dalla vita

con i segni indelebili dell’accaduto,

con la festa che copre l’acre odore della morte.

Neanche maledico il dolore, mio e degli altri uomini,

so che nasce dall’inferno cruciale dell’essere presenti,

fragili creature connaturate all’apparire,

legate con catene ad immagini

che indossiamo correndo verso un fine che ci misura

nella sua metrica infallibile e ci regala lampi di stupore.

Ogni volta

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Ogni volta che finisce la festa, la casa si ritira nella sua riposante normalità, nell’ ombra quieta delle abitudini, nel silenzio dei ritmi  quotidiani; quando tutti coloro che amo e che hanno riempito questo giorno di vita, di calore, di musica e di armonia, sono andati via a vivere le proprie vite nei loro mondi da me materialmente distinti, allora salgo sul terrazzo più alto per respirare al buio le emozioni, i ricordi, i pensieri che si dissolvono come nebbia d’ argento nell’ aria gelida.

Seguo la luna da un isolato punto di vista, per poter capire se il luccichio spentosi all’ improvviso, le allegre risate, il vocio familiare, i suoni e i rumori della festa, siano volati lassù in cerca di un territorio più ospitale e vero del mio cuore altalenante e malinconico, ma sempre luminosamente costante.

La luna si oscura ad un tratto, stanca di troppa luce; il freddo di una nuova solitudine scende sulle mie spalle con l’inverno della notte in cui tutto è accaduto per sempre.

Pesano le parole, le gioie, le attese consumate nell’ arco di un tempo che non vuol finire, che resiste e ancora si affaccia con il suo Natale personale…a ciascuno il suo, come nella vita vera, perché tutto riprende il proprio posto nella corsa dei giorni che verranno; ma stasera, lasciate che possa sentirmi felice ancora per un po’.

Memoria

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640px-Giotto_-_Scrovegni_-_-36-_-_Lamentation_(The_Mourning_of_Christ)[1] Giotto, Compianto sul Cristo Morto, affresco

Cappella degli Scrovegni, 1303-1305

Qui mi confronto

con il granito,

custode della morte;

al suo volto di pietra

congiungo la mia immagine

nel profondo silenzio

in cui scava la fredda realtà

che sottrae all’ anima

la musica e la luce

e le conserva

in un giorno d’ autunno,

nella pioggia di fiori

caduta sul ricordo.

Fingo che sia vita

anche questo mistero

che allunga la sua ombra

sulla fine del tempo.

Marisa Cossu

Antico ulivo

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                      923231_10203147299676027_1309133720215164389_n[1]( imm.webb)

Ecco il mio antico ulivo  spaccato e maestoso

 nell’ intreccio dei tronchi coronati

da rami penduli e fogliosi,

contorta immagine

di dignità vetusta,

solido  ancora

e vivo

Qui ripòsi

i miei dubbi,

 i pensieri più vaghi

della nascente primavera.

 Mi confrontavo con l’ antica pianta

forte, perenne e credevo essere come lei.

Qui ho incontrato l’ inizio e la mia fine:

erano scritti dal vento e dalla pioggia

sulle legnose pieghe delle scorze

che si aggrappano al tempo

per non marcire sulla terra

tra i rotondi messaggi

della pianta, i frutti

perle nere sepolte

tra le zolle.

Sono ancora immerso nel mistero

inspiegato che scuote la coscienza.

Sono

nell’ ombra che precede e segue il giorno,

nelle parole custodite dall’ anima in silenzio,

nella montagna che insegue la sua ombra,

nella crisalide che muta ad ogni istante

e non si avvede come al divenire

segua già la quiete.