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PRIMAVERA

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Nascono rose e viole

nello spoglio giardino

della dimenticata giovinezza;

come nel vuoto un frullio alato e nuovo,

l’attesa palpitante

dei miei giorni migliori.

E s’alza il rampicante gelsomino

dal mio cuore stellato;

ma non è primavera, non ancora:

forse un annuncio timido di quiete,

di un cadere più dolce delle cose

intorno risvegliate

dal magico apparire

di ciò che vive e regna

nel gelo che mi stringe

e tenero s’incarna

Tiepido sole apre le cento stanze

dell’ assonnato chiudermi in me stessa

dove si attarda ancora cupo il tuono

e s’alza il vento nell’eterna lotta

che scioglie la tristezza;

come nuvola bianca la sfilaccia

evanescente, ora da me lontana.

Penso al futuro e temo ancora l’ombra:

mi angustia che ritorni.

Marisa Cossu

 

 

I bambini

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Alexander Averin, Giochi sulla costa, pittura russa cont.

I bambini

I bambini hanno ali per volare,

ascoltano la voce dei deserti,

parlano ad invisibili presenze,

cercano di scoprire dove dorma

la luna, quando chiudono gli occhi

e la notte versa fiumi di stelle

in un sogno inquieto, pervaso

dal sottile lamento delle cose,

dimenticate sul cuor della terra

dal severo tempo dell’accaduto;

ma i bimbini  parlano del futuro.

Marisa Cossu

Com’è dolce

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Claaude Monet, Soleil levant, 1872

Com’è dolce lasciarsi trascinare

sull’onda dell’ignoto divenire,

come legno leggero in mezzo al mare

che poi si culla prima di svanire.

 

Del futuro bruciare solo l’attimo

fuggente nel trascorrere del giorno

e lasciare la pena in fondo all’animo,

nel sottosuolo di mistero adorno

 

che smemora la vita già accaduta,

le toglie il peso greve del timore,

ne allontana il possibile ritorno.

 

In altra solitudine vissuta

infine tace ogni parola intorno

e nel silenzio cade già il dolore.

©Marisa Cossu

 

L’ archeologo

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Giorgio De Chirico, L’ archeologo, 1927

Riappropriarsi di sé,

lasciare ad altri

la vuota archeologia

della città di pietra;

la paura di vivere

edifica cortine

di pensieri d’ argilla

dove il tempo entra

con l’ immobile polvere

e le cose  rifugiano

l’ ultimo alito di poesia

nell’ombra che sovrasta le pietre

trasformate in memoria.

Dove il sottosuolo si apre

a nuove costruzioni,

posa mattoni di fantasia

sulle rovine e le ingiurie

tu ci sei; senza volto siedi

sui gradini del dubbio,

senti il vuoto alle spalle

e provi incerto e solo

l’ansia per il futuro.

PROFETICA VISIONE

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rene Magritte, The infinite Recognition 1963

Rene Magritte, The infinite Recognition 1963

Futuro

profetica visione

pura immaginazione

specchio di ciò che siamo

e che veloce fugge,

desiderio

di sussistere al vuoto

al peso e alle ombre della vita

portati sulle spalle da un  dio estraneo

in un mistero d’ infinite  ipotesi,

per insicure, ingannevoli rotte,

persi, smarriti e stanchi.

Siamo

come viandanti

pellegrini di ignoti santuari

legati a una conchiglia

da cui bere

per dissetare l’ anima

ed ignoriamo sotto quale  cielo

ci fermeremo infine per entrare,

bussando ad una porta,

a ristorarci

SOLI