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Solstizio d’estate

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“ È nel mutamento che le cose trovano quiete”

(Eraclito)

 

Solstizio d’estate

(stanza di canzone)

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Qual è la spiegazione

per cui si ferma Febo nel solstizio

d’estate e accresce questo lungo giorno

la cercata illusione

di eternità del sole, il caldo indizio

che nulla muoia intorno

e che di luce chiara sia l’inizio;

ma breve è questo inganno

che la bilancia regge sul suo perno:

 tra gli opposti d’eterno

oscilla come ossimoro fittizio

a pensare un altrove inesistente

dove gli opposti cadano nel niente.

 

Viviamo questa intensa luce estiva

dimenticando il buio che ci attende

mentre già un’ altra notte in terra scende.

Marisa Cossu

Settembre

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Manet (Canottaggio)

Manet, Canottaggio 1874

 

Settembre

 

Ecco Settembre: un languido chiarore

d’acqua marina, uno specchiato

cielo dove lente trascorrono le ore

del tempo mio migliore, illuminato

 

dall’illusione di un’eterna festa.

E non mi avvedo della nebbia rada

che mi lambisce e poi s’insinua lesta

sul confine del mare e par che cada

 

in una pioggerella inconsistente

su quei giorni perduti senza storia,

mentre la bianca polvere nel vento

 

scioglie l’atteso sogno inesistente

e lo condanna ad essere memoria

di vita cara, persa in un momento.

Marisa Cossu

Beati i giorni

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Barbara Missana, Nudo dietro la grata, 2013

Beati i giorni della fame di luce,

avidi di perfezione e di bellezza,

assetati di pura conoscenza

con l’impulso di correre nel vento

non so dove e neanche so perché;

ma le mani ghermivano alla vita

ogni dolcezza; si vestiva d’attesa

ogni bacio rubato senza amore

in quel tempo felice sol di esistere;

beati i giorni della pelle di luna

sui corpi intatti in polvere di stelle;

nessun dolore ancora, nessun pianto,

nessuna goccia di cristallo agli  occhi,

nessuna illusione caduta oltre la siepe

alla fine di un attimo felicemente breve,

un soffio del giovane respiro della vita.

E non ricordo se in essa si aggirasse

non vista, l’ombra che a sera si nasconde

furtiva smettendo di esistere col sole,

se seguisse i miei passi la regola nemica

nella corsa implacabile del tempo.

© Marisa Cossu

La mia bella figlia

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Andy Warhol, Madre e figlia, Tina e Lisa Bilotti,1981

La mia bella figlia se n’è andata

per terre e per onde sulla nave d’ Oriente

e domani vedrà isole dai nomi mitici

dove mare e cielo disciolgono l’azzurro

sulle case assolate, sui terrapieni di gerani rossi.

Volano i tuoi capelli, neri e intrecciati,

indomabili in ciocche come te ribelli,

gli occhi accesi, le mani così simili alle mie;

la tua altera bellezza reca il segno

di un dolore antico, un’ illusione,

pensata e non vissuta, di un’attesa.

Vorrei dirti parole di una madre

consolatrice nel chiuso del suo amore

e mi fa male non esserne capace,

esserti accanto giusta, ad addolcire

la vita che ti assale in solitudine

e rivelarmi come tu mi vuoi.

© Marisa Cossu

Incontrarsi

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Renèè Magritte, Le fantasticherie del passeggiatore solitario, 1926

Incontrarsi

sfiorarsi con i corpi,

perdersi

poi trovarsi,

stare accanto

senza riconoscersi

e cercare altro amore

più lontano.

Così mi sfiori appena

e già si spegne il lampo

del tuo sguardo;

hai paura di me,

forse tu non sai amare;

ed io non ti trattengo,

né rinuncio al sogno

che ci unisce qui ed ora,

nella breve illusione

di un frammento di tempo

consumato nel vivere

perdendoci.

 

 

L’ ALTRA

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William Waterhouse, Miranda e la tempesta 1936

William Waterhouse, Miranda e la tempesta 1936

                                

E’ rimasto il sibilo del vento

tra le finestre aperte

della casa sul porto;

la mareggiata frange la battigia

su cui l’ altra me stessa

ha disteso una rete di pensieri

per catturare l’ ultima illusione.

Ho lasciato che entrasse

nel muro dell’ inconscio

nella profonda estraneità dell’ essere,

in un vuoto di attesa e di memoria

come in un’ altra vita.

Non voglio più

inseguire luminosi miraggi;

non mi appartiene colei che cerca il vento

e lo trattiene nell’ otre del rimpianto

per liberarlo in scoppi di tempesta.

Altrove riparo ciò che resta di me

dalla bufera, dopo questo  distacco:

chiudo tra le pareti del silenzio

la perdita di me, di quella donna

che rubava i sogni,

che non ritorna nel rifugio scelto,

che non chiede di posare la pena

nel sicuro luogo scavato nelle viscere

di una pacificata solitudine.

Alla finestra ora vedo l’ altra

sparire lentamente , bianca schiuma,

alla fine del molo tra le onde.

QUANDO TU APPARI…

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0001[1]  (G. De Chirico, Ettore e Andromaca, scultura 1970)

Quando tu appari

prendo forma e voce,

esco dal vuoto

del sipario muto

in cui mi avvolgo;

esisto se mi guardi,

in te ha senso il mio nome

se mi chiami.

Quando tu appari

mi accorgo del mio corpo

e divengo l’ immagine

scolpita dai tuoi occhi,

donna, altra da me,

che tu colori con i tuoi pensieri

e rendi viva come per magia,

donna che ti conosce,

ti prende come sei,

donna che, quando appari,

si spoglia di se stessa

per rivestirsi del tuo desiderio

…e non ha voce

se non per parlare

della bellezza della nostra vita.

Quando tu appari,

prende forma e voce

l’ unica cosa certa:

il mio amore per te

e non importa

se è solo un’ illusione.