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Malessere

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fine-del-mondo_principale[1]

Sonetto

ABAB ABAB CDE EDC

Con quale forza ti costringe il male

che sugge il sangue, avvelena e mai tace

ferma il moto dell’anima vitale

ed imprigiona dove non c’è pace.

 

L’inferno brucia e l’alto grido sale

dal balbettio dell’ essere incapace

di liberare dalla pece l’ale

avvinte da un malessere tenace.

 

E mi ribello al male che ti afferra,

sento la colpa invadermi le vene

 e temo di lasciarti perso e solo

 

dove per te e per altri non c’è volo,

in un distratto mondo tra le pene

del disperso non luogo della terra.

Marisa Cossu

Perduto amore

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pianto-d-amore-giorgio-de-chirico[1]

G. de Chirico, Pianto d’ amore

Nuvole vanno dal pensiero al vento

mentre mi stringe al petto il mio patire,

il fuoco che bruciava ora s’è spento

in un gran vuoto che non so capire.

 

Ansia mi prende e un grave peso sento,

intimo male duro da lenire,

quando cancella il vero sentimento

di questo amore che non può finire;

 

racchiudo versi in piccolo sonetto

a ripensare al nulla che mi assilla,

persa mi sento  in questa cupa assenza;

 

quasi vien meno il ben dell’intelletto

né trovo un fine per la mia presenza

ora che spenta è l’ultima scintilla.

Marisa Cossu

Fuoco

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fuoco2[1]

Un caldo fuoco ora incendia

il piccolo paese del mio cuore:

ardono foglie e rami inerti,

alberi contorti e stupefatti,

bruciano i mattoni delle case,

si sciolgono anime di metallo.

Il mio rifugio è nella rimozione

 di questo tempo folle:

 cascate spumeggianti,

fresca sorgente che non so trovare.

E non ha tregua il divenire incerto

delle emozioni, la  fuga da me stessa,

dal fuoco che mi assale

e mi lambisce fino a farmi male.

Inferno

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Minotauromachia-Picasso[1]

Pablo Picasso, Minotauromachia 1935

Molti pensano all’Inferno come ad una città di fuoco

che mai conosceranno tra i tanti paesi irraggiungibili

e anch’io riesco a vedere il male solo fuori di me

nel ferro e nelle rovine di una estranea violenza;

ma l’Inferno è dentro, nel groviglio delle emozioni,

nella colpa personale da scontare con la vita;

non potrò perdonarmi se non nella paura di me stessa

nel trasparente imbuto dell’essere non vista nel silenzio

di solitarie navigazioni in un vuoto d’aria.

La mia dolente città si popola di ombre indifferenti

nei vasi comunicanti di una estranea comunicazione

e scende in me con i voraci mostri del panico;

di notte scava nel mio sangue l’uccello nero d’ansia

e solo all’alba vola da una finestra aperta.

BUON ANNO !

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2015_2[1]Aspettiamo l’ arrivo del nuovo anno con una sorta di pagana euforia e pensiamo che il magico rito propiziatorio, annunciato dalla comparsa della neve anche presso il mare, dei fuochi d’ artificio, degli odiosi botti e degli eccessi di una notte, possano tagliare in due il tempo esorcizzando il male annidato saldamente nella natura e nell’ uomo.

Propiziamo il favore delle divinità in cui oggi crediamo cercando di interrompere la piatta e faticosa esperienza quotidiana; allentiamo il controllo, ci lasciamo andare un po’, mentre pochi si accorgono del proprio stato di ingiustificata euforia di fronte al trascorrere inesorabile del tempo che noi possiamo solo immaginare attribuendogli caratteristiche di durata.

Non vi è un limite tra ciò che secondo noi termina e ciò che inizia se non nel desiderio e nell’ auspicio di poter modificare mediante l’ idea dell’ “accaduto” i prossimi eventi, assumendo un atteggiamento ottimistico verso la realtà che ci attende e che vive soprattutto al nostro interno; ma se quelle luci, quell’ allegria, quell’ incontrollato accendersi, possono alleviare anche solo per un attimo le sofferenze dell’ anima oppressa dai mille problemi quotidiani; se possono accendere una sia pur momentanea speranza nell’ intravedere e progettare i giorni che verranno; se possono motivare l’ accettazione della nostra realtà personale e segregare altrove l’ idea della morte; se quei segni di festa diventano visione di cambiamento, accettazione, apertura, allora penso che si debba lasciare che tutto avvenga come deve.

Che si dia sfogo agli istinti, che si riaprano le danze intorno ad un piatto di lenticchie, che la taranta si agiti intorno ad un grande fuoco.

Domani è un altro giorno: qualche scoppio di troppo, un po’di gelo in più, un po’ di stanchezza, molte strade da ripulire, noi tutti un giorno più vecchi.