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L’isola

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San Pietro-Taranto-Isole Cheradi

Avete mai visto l’isola

attraverso il trasparente pallore delle nuvole

adagiate sul confine del mare

in una cappa di calura estiva?

E nell’isola  una spiaggia dorata,

lievi impronte di giovinezza, passi nudi

vaganti senza meta tra dune e macchie di erica.

Avete mai visto i sassi rotondi della scogliera

rifrangere la luce del cielo nello specchio

di chiara acqua marina?

In me  l’incanto si rinnova,

nulla è mutato nel mio animo.

Quell’isola mi appartiene

con la dolcezza della bella stagione

o con l’aspro rompersi del tempo

quando il gheppio smette di fischiare,

i passeri si fermano ebbri di sole e di salsedine,

il mare corrode le rive, cancella i passi,

li discioglie nella schiuma di un’onda lenta,

le nuvole si fanno grigie e la pioggia si annuncia

tra brividi e aliti di scirocco.

Avreste mai creduto che uno strano poeta

rassomigliasse a quest’isola,

fosse sabbia e mare, roccia e uccelli,

diventato egli stesso isola in un altro tempo,

in un altro luogo immaginario

dell’infinito mare dalla vita.

Tronco

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albero-secco[1]

Nel ventre di un tronco cavo,

tra le nere scorze d’un albero

dilaniato da pallida luna,

piange di solitudine

il poeta inconsapevole

racchiuso in me,

uscito dal suo libro

in parole di vento

adombrate da tremuli rami.

Così, io vivo nella notte

ripiegato nel rifugio più adatto a me;

lo riempio del mio essere albero,

del mio essere tutto,

creatura ferita,

bruciata da un fascio di luce,

un soffio di vita venuto in silenzio

sul tronco di vita che resta.

©Marisa Cossu

Su questa poesia

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libri1[1]

Cammino adolescente

su questa poesia

e  ripercorro i passi,

i pensieri della notte

che veniva  al mio cuore

agitato dalla vita scoperta,

dall’ansia d’incontrarla

e vedere dove esistono

le parole del futuro,

dove sono scritte,

da quale pagina

ogni lettera scomparsa

torna al suo senso,

un prato per volare

con la pagina d’ incantata

giovinezza.

E tu eri già nei versi

e con me venivi nel vago

componimento del tempo,

nell’antica metrica infallibile,

lontana come il poema

che dentro cantava l’amore,

ricerca indistinta di te,

voglia di sorprendermi

quando la luna va a dormire

dietro la montagna;

 pensare di abbracciare

l’alba della vita,

imprimerla nel mio foglio

in modo indelebile,

lasciarmi un giorno confortare

dall’adolescente poeta

che ancora mi danza in petto

e accende speranze

mentre si fa sera.

 Marisa Cossu

Il poeta e la poesia

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Frank Dicksee, Romeo e Giulietta,1884

Frank Dicksee, Romeo and Juliet, 1884

” Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo !?

 Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome,

oppure, se non vuoi, giura che sei mio e smetterò io

d’essere una Capuleti “

( W. Shakespeare, Romeo e Giulietta)

Penso che, come Giulietta, la poesia esiga dal poeta il rinnegamento di sé per un amore esclusivo e totalizzante, l’unico capace di generare emozioni fondamentali e di ricondurre l’artista alla perduta essenzialità, alla sacralità poetica.

Anche al tempo di internet la poesia continua ad esprimere i valori della “città” perduta e con la sua forza evocativa si addentra nella sfera dei sentimenti e delle emozioni, conservando il necessario distacco.

Con un linguaggio sempre nuovo, quello  del suo tempo, il poeta parla ancora e sempre della bellezza, del dolore, della morte, dell’amore, testimone della realtà e della società in cui esprime e comunica la propria estraneità, l’assenza, il malessere di chi si pone domande  cui la parola non può dare risposta, mentre la crisi perdura e si aggroviglia in trame di frustrazione.

Il poeta deve guardare in se stesso per un necessario esame di coscienza, un ripensamento, teso a  restituire alla poesia il suo ruolo sociale e a  favorirne il ritorno da un volontario esilio; perché, se è vero che oggi circoli sui media un numero esponenziale di composizioni poetiche, è anche vero che, spesso, la qualità soffra l’abitudine alla velocità e alla superficialità proprie di un certo tipo di comunicazione.

E’ anche vero che il poeta non sia mai padrone della sua poesia che, una volta pubblicata, appartiene alla comunità dei lettori, come un canto davanti ad una finestra aperta raccolto dai passanti per le strade del mondo. Da questa espropriazione il poeta percepisce la vacuità della sua presenza e il dovere di guardarsi intorno alla scoperta delle piccole cose, delle semplici emozioni, dei segmenti di tempo che si ripetono nel libro della Natura e della vita.

Egli si libera allora dai pregiudizi e riscopre qualche bagliore di verità in ciò che lo circonda e nel rapporto con gli altri, vede che tutto ciò che cercava è nella sua visione interiore; scopre ciò che è davvero essenziale e guarda in viso la sua umanità in solitudine.

© Marisa Cossu

“Rifare l’uomo, questo il problema capitale. Per quelli che credono alla poesia come a un gioco letterario, che considerano ancora il poeta un estraneo alla vita, uno che sale di notte le scalette della sua torre per speculare il cosmo, diciamo che il tempo delle ” speculazioni” è finito. Rifare l’uomo, questo è l’impegno”.

(Salvatore Quasimodo)

IL POETA

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G. De Chirico, Monumento al poeta, Piazze d' Italia

G. De Chirico, Monumento al Poeta, Piazze d’ Italia.

Il poeta è forse un sognatore,

un filosofo in cerca di se stesso

nei sentieri dell’ essere.

Nel viaggio sull’ onda della vita

libera la parola dal suo peso di pietra,

connette il suo sentire all’ universo,

prova il dolore della terra

per un seme mai  nato,

il calore delle piccole cose,

il profumo del vento ,

la tensione d’amore

che lega  le creature

nell’ infinito abbraccio delle stelle.

Per il poeta il tempo non esiste,

il futuro è con lui nella sua mente,

il passato e il presente sono altrove

scritti nella memoria, già parola.

Il poeta è forse un cercatore

di perle e di coralli :

nel silenzio profondo degli abissi,

tra le città sommerse,

con stupore egli vede affiorare

il segno di memorie antiche.

Il poeta è  forse un cercatore

di pepite e  diamanti

nel seno della terra dove scende

per incontrare il fuoco

di un sole rifugiatosi

nel cono di una solitudine cercata.

Oh visione interiore,

tu,  profetico canto,

non lasciare che il cuore del poeta

resti solo su una pagina vuota !

Siano le sue parole

più lievi di una nuvola

la cui pioggia abbia senso di salvezza,

conforto ed armonia.