In cerca di poesia, di senso e di parole
cammino per un fiume senza sponde:
ci sono alberi ingoiati dalla notte
piantati nella palude del vuoto,
un uccello nato dalla mia mente
fugge tra rami dove la luce
è divisa da alti pioppi emersi,
senza radici corrono dietro al sole,
seguono come ombre lineari
la cetra di un dio, si muovono,
si spengono nel tramonto,
sillabano con il vento il loro senso,
si levano dal mio tronco d’ anima,
trascinano il mio vuoto altrove.
La mia voce è un balbettio
ripete sillabe e lettere, non è parola.
La parola è in alto, dove non ho forza,
troppo perché possa raggiungerla.
Il suono e la ragione, nascono
da quel vuoto sradicato,
da un ferro conficcato nella carne,
da una rossa ferita che grida il dolore
e da quel sangue sale e respira,
esce da un vasto corpo di terra;
non ha limiti l’attesa,
la parola si forma, zampilla,
è segno della ferita scavata
nella solitudine visionaria
di un mistero inconoscibile,
cicatrice e nuova creatura.
©Marisa Cossu
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