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LA TEMPESTA

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La tempesta

( Rondò)

 

 

Non la notte stellata mi sorprende

ma del Giorgione quella gran tempesta

che scoppia sulle case e poi s’accende

nel lampeggiante guizzo che s’appresta

 

sul paesaggio e l’uomo, mentre a festa

celebra le faccende quotidiane

e, indifferente al grigio auspicio, resta

in quel mistero di sembianze vane.

 

La storia passa per stagioni arcane

nella città silente: ore dipinte

in tetti, archi, rovine più lontane,

fitto il fogliame in rugginose tinte;

 

irrompe intanto il lampo tra le quinte

e del mistero spiega la ragione

che più m’inquieta: ora sono vinte

le umane forze, giunte a soluzione

 

le domande sul senso, l’emozione

mancante per l’accendersi del tuono,

indifferenza o incuria, sensazione

d’umano orgoglio dell’essere mai prono.

 

Quale distanza tra il sentire e il dono

dell’armonia che spiega la pochezza

di quel che siamo quando giunge il Trono:

sogni noi siamo pieni d’incertezza.

Marisa Cossu

Piove stasera

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Leonid Afremov, il pittore della pioggia. Impressionista contemporaneo.

 

 

Piove stasera ed urla per le strade, gelido il vento.

Una voce di pianto stride, da fragili fessure

di comignoli e vetri al rompersi di legni soffiati

 in vortici di pioggia. Schiuma nei rivoli abbagliati

da un barlume di cielo, l’acqua in teorie saponose;

penetra zolle avide dove, tra ghiacciate radici,

reca linfa vischiosa che nutre l’erba e la risveglia.

Sui muri delle case l’oscurità disegna forme

di immaginarie storie; ma del vissuto sfoga il pianto

il coro senza fine di vite sospinte all’angolo

dal vento: neri grumi dormienti in terre aride e vuote,

nell’attesa che taccia il pianto, si plachi la tempesta.

Marisa Cossu

 

 

 

VITA

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Ivan Ajvazovscky, fine ‘800. Nave sul mare in tempesta

 

Per questo mare mosso da tempesta

passa la nave mia sfidando i venti

tra i flutti del viaggio che s’appresta.

Lungo la rotta degli incantamenti

 

alla deriva vado come legno

abbandonato in facili illusioni

che della  meta più non trova segno

ma cicatrici e rughe di passioni.

 

Come fuscello mi sommerge l’onda,

che brucia e sferza sale nei miei occhi

quando perduta credo l’altra sponda,

 

e da lontano sento già i rintocchi

di una campana dalla voce tonda

che mi consoli e come manna fiocchi.

Marisa Cossu

L’ ALTRA

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William Waterhouse, Miranda e la tempesta 1936

William Waterhouse, Miranda e la tempesta 1936

                                

E’ rimasto il sibilo del vento

tra le finestre aperte

della casa sul porto;

la mareggiata frange la battigia

su cui l’ altra me stessa

ha disteso una rete di pensieri

per catturare l’ ultima illusione.

Ho lasciato che entrasse

nel muro dell’ inconscio

nella profonda estraneità dell’ essere,

in un vuoto di attesa e di memoria

come in un’ altra vita.

Non voglio più

inseguire luminosi miraggi;

non mi appartiene colei che cerca il vento

e lo trattiene nell’ otre del rimpianto

per liberarlo in scoppi di tempesta.

Altrove riparo ciò che resta di me

dalla bufera, dopo questo  distacco:

chiudo tra le pareti del silenzio

la perdita di me, di quella donna

che rubava i sogni,

che non ritorna nel rifugio scelto,

che non chiede di posare la pena

nel sicuro luogo scavato nelle viscere

di una pacificata solitudine.

Alla finestra ora vedo l’ altra

sparire lentamente , bianca schiuma,

alla fine del molo tra le onde.