Archivi tag: uomo

Senza tempo

Standard

1- Paestum

Paestum

Senza tempo

Forse nessuno prima aveva visto

sostare sulla riva un vecchio cieco,

un uomo antico, un mitico poeta,

mentre rivolto al mare

ne ascoltava la voce

e ne cantava assorto, le avventure,

il risonante sciogliersi dell’onda

in schiuma di memoria.

Con lui era già il mio canto di fanciullo,

il lancio delle pietre a pelo d’acqua

o nell’esigua ampolla

che dalle rocce in mare si riversa.

Era il Galeso, amato dai poeti

per il dolce falerno,

il luogo a me più caro.

E il mito era già lì,

con me veniva tra voci di vento

in un libro consunto,

un De Chirico falso degli sposi

nell’ abbraccio d’addio.

Nessuno aveva visto a me vicina

Andromaca tremante:

nel fragore dei flutti cade il pianto

che di dolore muove e gonfia l’onda.

Fulgido scudo ancora in me risplende

e il tempo non esiste:

il tutto regna insieme,

anche il mio smarrimento

vile, che via facendo, perde il senso

di ciò che meraviglia.

Se tutto scorre, sulle pietre resta

tra salici piangenti la presenza

del canto che mi danza in petto adesso,

qui, dove si dipana il libro informe

del mio pensiero vano.

Marisa Cossu

Nutrito dall’orgoglio

Standard

17- The Stone

Barbara Missana, The stone

 

(sonetto caudato)

 

Nutrito dall’orgoglio e dalla fede

abita l’uomo nella propria vita

rubando il tempo su per la salita

di un aspro monte dove non si avvede

 

dell’ombra scura che lenta procede

alle sue spalle: con le lunghe dita

a lui ghermisce il sole, poi sopita,

attende di rincorrere le prede

 

allorché stanche, illuse e affaticate,

ai lembi di un approdo di confine

cercano ancora l’isola promessa;

 

ma ormai la forza non è più la stessa,

tutto si volge al medesimo fine,

e le certezze appaiono infondate;

 

altrove, reclinate

in un vano mistero sconosciuto,

dormono le ragioni del vissuto.

Marisa Cossu

 

CONOSCENZA

Standard

17- The Stone

Barbara Missana, The stone

 

 

Di conoscenza l’uomo varca il regno

alla grande scoperta del sapere

e indaga nel mistero con l’ingegno

dove l’amore genera il volere.

 

Sol “chi ama conosce”, questo è il pegno

di chi si affanna per poter vedere

l’essenza delle cose e sfiora il segno

dell’infinito bene, nelle sfere

 

del ritmico ingranaggio cuore-mente

dove nascono idee, sensi e passioni

che non capiamo. E ci sentiamo persi,

 

soli e smarriti, dal vuoto sommersi

tra i poli opposti di forti emozioni,

ma nulla noi vediamo chiaramente.

Marisa Cossu

 

UOMO

Standard

Picsart

 

 

Ho visto l’uomo travagliato e stanco,

alieno agli altri e forse anche a se stesso,

per una via di sassi e stretto al fianco

da un cilicio di colpa, sempre oppresso.

 

E quell’uomo ero io, quello il tormento

della mia corsa verso l’infinito,

da scontare vivendo in un momento

in cerca di me stesso e mai capito

 

da chi mi sfiora intorno, né dal cuore

di chi dice d’amarmi e non mi vede;

ed io continuo a vivere il furore

della follia che tregua non concede,

 

il desiderio di essere persona

e poi salire su un antico albero

dove voce divina più alta suona,

dove speranza mi conduca al vero.

 

Se abbraccio l’uomo, forse anche la pena

sarà spezzata come una catena.

Marisa Cossu

 

 

 

Standard

740f1f8cb0b8e9b24117b5a3c06c6893[1]

 

Ricerca

 

Anch’io sono salito sulla cima

di un acero d’argento rivestito

per incontrare Dio, mai visto prima;

 

lo sguardo contemplava l’infinito

le verdi valli e l’infuocata lava,

lì del Signore il segno era scolpito.

 

E vidi l’uomo figlio di quel segno,

ricurvo e solo, perso e senza appiglio

nell’eterna ricerca di quel Regno.

Marisa Cossu

Come relitto

Standard

naveveleni-630x300[1] (2)

Come relitto posato da tempeste

nei concavi abbracci marini,

da un un letto di morbida sabbia

guardo il cielo nella continuità

riflessa dalle onde stellate;

resto in un liquido sonno,

abbandonata in una bolla d’oblio

dove il mare  ricopre triremi, navi e città,

nelle valli subacquee più remote,

negli immersi sottosuoli

di strade divorate dal sale;

ma dell’uomo

 con essi per sempre sepolto

in dimenticate archeologie,

dell’uomo non v’è traccia.

Ora i legni parlano,

il ferro, gli alberi maestri,

le ancore infisse nella roccia;

 ma dell’uomo, dell’immane fatica,

dell’eroica navigazione,

dell’immensa nostalgia del viaggio,

solo le alte  onde sono eco.

© Marisa Cossu

LIBRO

Standard

Auguste Renoir, Donna che legge, 1874-1876

Auguste Renoir, Donna che legge, 1874-1876

I libri sono fragili città di carta

addormentate in antiche archeologie,

frammenti di memoria  allineati in teche

dove i poeti espiano la propria diversità

e guardano da torri elevate l’uomo

assorto nell’eroico compimento della vita.

Eppure bussano alle porte le mani

di coloro che chiedono di essere visti

alla luce di una fiamma di risveglio.

Alle alte mura di pensieri e parole

incateno il mio cuore con fili di poesia

e, se nessuno mi vede, apro il mio libro

esco a respirare l’ombra delle storie

che agitano bandiere di nostalgia

nelle umide pagine della mia interiorità,

nel fruscio dei fogli appena sfiorati

dal vento freddo, padrone della notte.

 

Non un fiume

Standard

220px-Böcklin_-_Die_Lebensinsel_-1888[1]

Bocklin, L’isola dei vivi, 1888

Non un fiume divide

la città celeste

dal dolore dell’uomo,

non un fuoco o un castigo,

ma un assurdo silenzio,

un’afflitta pena d’odio,

il piangente malessere

del vivere ogni giorno con se stessi

e sentirsi smarriti in luoghi alieni.

Ciascuno afferra il suo sospeso segno,

una fatua favilla che rischiara

il timore dell’essere disperso

nel vuoto personale del non-senso;

ma brilla per un tempo troppo breve

il lampo di riflessa luce e scalda il cielo;

ciascuno cerca l’isola felice

fuori di sé e ne segue la traccia

di sogno e di illusione,

personifica Stige come dea

nel tempo che separa le due sponde.

Potrei vivere per sempre

Standard

bild[1]

Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1949

Potrei forse vivere per sempre

e mai conoscere la città dell’uomo,

solo alla fine incontrerei l’enigma

della caduta, nel casuale errore,

quando il corpo frana con un gemito

nella sconfitta dello smarrimento.

Qualcuno laverà lo scudo franto

con acqua di trasparente verità

solo in brevi attimi di redenzione;

ma non  mi salverà dalla colpa vivente,

dal male oscuro della mia estraneità,

come dio distante, flesso su se stesso

a contemplarsi prima di svanire.

© Marisa Cossu

UOMO

Standard

R. Magritte, Figlio dell' uomo 1964

R. Magritte, Figlio dell’ uomo 1964

UOMO

pieno di nulla

del vuoto di te stesso

 presenza muscolare

 ricolma di rumore

di apparenza

tu vivi

OMBRA

fatta di fango

  riflesso di specchio

trafitto dalla lama

del messaggio

stellare

 CERCHI

il tuo vero volto

tra l’ estranea folla

 cembalo scartato e solo

dall’ abisso distante

chiami la vita

un nome

una

PAROLA