E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
tra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo.
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Salvatore Quasimodo
Felice di questa poesia, oggi. Ciao! Giusy
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Bella, vero? Un modo per ricordare anche attraverso la poesia. Grazie e buona giornata.
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Cara Marisa, ho onorato anche’io questa giornata citando come te, Salvatore Quasimodo. Questo popolo, ogni giorno dovrebbe avere memoria QUESTO giorno. Un abbraccio, Giusy
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Intensa poesia che vale molto più di tanti discorsi retorici. Grazie cara Marisa. Un abbraccio. Isabella
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Proprio perché non amo la retorica di commemorazioni spesso divisive perché ancora bruciano sulla pelle dei vivi, ho deciso di publciare questa splendida poesia. Grazie cara e un abbraccio.
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E hai fatto bene. Baci
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🌟🌟🌟🌟🌟
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